Gay & Bisex
Olandesi - 1^parte

15.04.2025 |
429 |
5
"Mi mimetizzavo come un insetto-stecco tra i rami secchi..."
Jan.
Mi chiamo Jan de Vries.
Il cognome è quello di mia madre. Mio padre non l'ho mai conosciuto. Era andato in sud America prima che io nascessi e se ne erano perse le tracce. Mia madre, che ai tempi era molto giovane, dice che era un uomo molto bello e che gli somiglio molto.
A modo suo mia madre mi vuole bene sebbene, per il semplice fatto di esistere, le intralci un po' la vita sentimentale. Non è che sia propriamente zoccola, semplicemente non riesce a stare senza un uomo vicino e per di più si innamora facilmente.
Nella nostra casa di Rotterdam c'è sempre stata una certa rotazione di maschi che io silenziosamente confrontavo tra loro ed ammiravo. Inutile rimarcare il fatto che, in queste condizioni, era inevitabile che io fossi o diventassi gay.
Fin dalle scuole elementari la mia vocazione era abbastanza palese sia a me che agli altri, ma siamo in Olanda e la cosa è molto tollerata. Avevo compagni di studio e di giochetti erotici, ma non avevo amici. D'altra parte, per non essere notato, mi tenevo in disparte, anche se non troppo. Mi mimetizzavo come un insetto-stecco tra i rami secchi.
Si chiama mimetismo batesiano. È quando una specie animale innocua sfrutta la sua somiglianza con una specie tossica che vive nel suo territorio arrivando a imitarne colorazione e comportamento. E io avevo capito come dovevo comportarmi a scuola per avere molti vantaggi col minimo sforzo.
Dato che non legavo con nessuno sebbene a molti avessi fatto seghe e pompini, nella squadra di calcio mi misero in porta dove nessuno voleva mai stare.
Il calcio è un gioco stupido: tutti a rincorrere una palla. Ma stare in porta non era poi così male e mi permetteva di lustrarmi gli occhi guardando il fisico muscoloso dei ragazzi più grandi, spesso a torso nudo, ed era assai gratificante vedere i loro muscoletti contrarsi e guizzare mentre correvano.
Senza contare il nostro mister che faceva l'arbitro indossando maglietta e pantaloncini, forse di una taglia di meno, che evidenziavano il loro contenuto. E fu il suo il primo cazzo adulto che succhiai una sera negli spogliatoi dove ritornai quando non c'era rimasto nessuno facendo finta di essermi scordato l'orologio.
E fu una sensazione bellissima sentire il cavo orale pieno di questa carne morbida e dura nello stesso tempo, fu eccezionale sentirla fremere sotto le mie passate di lingua e fu sublime ricevere in bocca i ripetuti fiotti di sborra calda e densa. La cosa si ripeté poche altre volte perché la scuola finì e dopo l'estate sarei passato alle superiori.
Nel frattempo mia madre aveva preso in casa un maschio alfa, un greco di nome Andreas che lavorava al porto. Moro, ricciolotto, occhi penetranti, orecchino, tatuaggi su tutto un braccio e sulla gamba opposta, torace possente, pelosissimo, mi intrigava come si muoveva, la sicurezza che ostentava, la calma tesa di ogni sua azione. Andreas era imponente. Nemmeno la tuta da ginnastica lasca riusciva a mitigare la forza selvaggia che il suo corpo emanava. Eppure c'era grazia in lui, la bellezza di un animale addomesticato ma ancora semiselvaggio. Aveva gli occhi non troppo scuri, eterocromi, uno verde-blu e uno verde-nocciola. Avevo letto che era così Alessandro Magno. Forse era il marchio distintivo dei grandi condottieri, la forza dei capi che Andreas aveva viva dentro di sé.
Quando lavorava di notte, di giorno dormiva finché mia madre non tornava dal lavoro ed io lo spiavo sperando sempre di vedergli il cazzo dato che, essendo un luglio caldo e afoso, Andreas dormiva in boxer e a volte nudo. Un mattino mi ero seduto sul letto di fianco a lui che aveva il cazzo duro. Non facevo niente, ammiravo e basta, ma scoprii che lui era sveglio e mi stava guardando a sua volta da chissà quanto tempo.
- Vuoi toccarlo? - mi sentii dire.
Non risposi e lo presi in mano. Lui si sistemò supino e lasciò fare. Poi chiese:
- Vuoi anche prenderlo in bocca?
Di nuovo non risposi, ma mi abbassai e iniziai a leccarglielo dalle palle alla cappella. Aprì le gambe e chiuse gli occhi. Le sensazioni che avevo provate col mister erano nulla in confronto a questa. Un misto di odori, sapori, consistenza che mi fecero avere una potente erezione e, sebbene avessi solo 13 anni, avevo già un bell'uccellotto. Andreas mi disse:
- Girati su, mettiamoci a 69 - e prese in bocca il mio cazzolotto mordicchiandolo e succhiandolo facendomi così venire in breve tempo. Non era densissima ma producevo già sperma, e il godimento che provavo era lo stesso di un adulto. Lui non venne e mi chiese:
- L'hai già preso dietro?
Feci no con la testa, e lui:
- Vuoi provare?
Annuii. Si alzò, prese dal comodino una crema che, lessi poi, era contro la secchezza vaginale e mi mise a pancia in giù divaricandomi le gambe. Mi mise molta crema giocando a lungo colle dita nel mio buchetto, poi si sdraiò su di me appoggiando il cazzo fra le mie natiche. Giocò ancora un po', si sollevò sui gomiti, puntò deciso la cappella e spinse. Urlai e lui:
- Buono, poi passa... Spingi come se andassi di corpo.
Feci come diceva e dopo un po' il dolore si attenuò anche perché lui rimaneva fermo con solo la cappella piantata. Pian piano iniziò a muoversi e a spingere ogni volta un po' di più. Sentivo ancora male, ma mi distraeva analizzare la situazione. Mi meravigliai quando sentii le sue palle contro le mie chiappe e pensai che tutto il suo pistolone ora era dentro di me; mi chiesi come facesse a starci e mi stupii che, tutto sommato, la cosa mi facesse anche piacere: ora, in un certo senso, ero parte di lui e lui parte di me.
Per me era un piacere emotivo più che fisico, mentre mi accorgevo che lui godeva invece moltissimo nel mio budello stretto tant'è che venne dopo poche pistonate: sentii le contrazioni del suo uccello ed il suo sperma caldo invadermi. Quando lo estrasse, l'aria compressa dal suo uccellone nel mio culo uscì trascinandosi dietro un po' di tutto. Andreas cercò di ripulire ogni cosa, ma mia madre, al ritorno, ebbe il sentore di qualcosa di losco, vide tracce di merda, di sperma e di sangue e capì tutto. Iniziò a tirare ad Andreas piatti e bicchieri e perfino la radio, lo cacciò in malo modo urlando che lo avrebbe denunciato e si mise a consolarmi a modo suo:
- Ti ha fatto molto male?
- No.
- Vuoi che lo denunciamo?
- No.
- Ma sì, evitiamo seccature. Ma non è che, niente niente, ti è piaciuto?
Non risposi e lei aggiunse:
- Comunque non è poi che alla gente qui interessi molto con chi fai sesso...
E per lei la cosa era chiusa. Ma non per me.
Andreas tornò quando mia madre era al lavoro per prendere alcune cose sue e mi scopò di nuovo e poi tornò altre volte e mi insegnò tutte le posizioni e di nuovo mia madre se ne accorse. Mi spedì in vacanza assieme alla famiglia di una sua collega su una delle isole frisone dove mi annoiai moltissimo e, nel frattempo, mi iscrisse in un'istituto superiore di Amsterdam che aveva anche all'interno uno studentato dove c'erano gli "esterni" che venivano a lezione e poi tornavano a casa e gli "interni" come me che rimanevano lì come fosse un collegio.
Pensavo che non l'avrei mai perdonata per tutto questo: in "vacanza" con sconosciuti su un'isola ventosa semideserta pressoché sperduta nel Mare del Nord piena di vento e urla di gabbiani perché non le girassi intorno per casa; iscritto in una scuola di Amsterdam come se a Rotterdam non ce ne fossero, giusto per non correre il rischio d'avermi tra i piedi; sbattuto in collegio a 14 anni perché le rubavo gli amanti...
Intanto mi ammazzavo di seghe pensando ad Andreas e al suo pistolone dentro di me.
Ruud.
Marken, fino a 30 anni prima che io nascessi era una piccola isola nello Zuiderzee; poi è stata collegata alla terraferma da una strada sopraelevata e un polder divide il mare dal villaggio. Ma anche tutto il Markenmeer ha rischiato di diventare un polder polveroso, come i Flevoland più a sud, in cui coltivare cavoli e cetrioli. Poi l'idea, almeno per ora, è rientrata, ma in ogni caso la pesca non si pratica quasi più.
Marken è un'ex isola di pescatori e mio padre era uno di loro. Mi ebbe che aveva già una certa età e quando rimase vedovo si prese da solo cura di me. Stavamo nel Kerkbuurt, il quartiere della chiesa, fascinoso intrico di viuzze e ponti levatoi intorno alla chiesa, la Grote Kerk.
Come quelle di tutti i pescatori, anche la nostra era una casetta verde dal grande frontone triangolare costruita su pali. Mio padre, oltre a pescare, fabbricava zoccoli. Era ormai anziano, tuttavia si percepiva una forza ancora vivace scorrere nel corpo abbronzato da tante estati piene di vento; le dita nodose e tozze erano capaci di raccogliere un fiore con delicatezza; erano le dita degli anziani occupati per una vita nei lavori all'aria aperta, le dita delle carezze ruvide, delle esistenze rustiche e dolci di inverni ventosi, forse protese verso altro...
Mio padre quando pescava mi prendeva con sé ma solo se non era tempo di scuola; voleva che mi istruissi e che prendessi un diploma.
Così divenni dirigente di comunità e feci il tirocinio in un collegio di Amsterdam. Il direttore era di mezza età con una moglie molto più giovane e molto bella. Erano cordiali e mi invitavano spesso nel loro alloggio per un tè coi poffertjes di cui ero ghiotto e loro servivano queste frittelle non solo con zucchero a velo e burro come usava a Marken, ma con banane a rondelle o panna e fragole.
Lei si chiamava Daphne, era un'autentica ninfomane e non ci mise molto a convincermi a trombarla. In uno di questi happening mentre la scopavo, vidi il marito silenziosissimo e nudo avvicinarsi alla faccia di lei ma, anziché metterle il cazzo in bocca, si fece leccare il buco del culo.
- Continua Van de Gerle, non fare caso a me... sono un cuck... continua a fottere questa troia... e, se poi ti andrà, potrai scopare anche me...
Mi andò. Ho sempre pensato che bisogna provare tutto nella vita e fu così che cominciai cogli uomini. E presto passai ai ragazzi più giovani.
Lex era il figlio del guardiano del faro di Marken, un biondino sedicenne con un culetto divino. Scopavamo in cima alla torre del Paard van Marken, il faro di cui Lex, ovviamente, disponeva delle chiavi. Per raggiungerlo, c'era da fare una bella passeggiata di un paio di chilometri lungo uno stretto tratto quasi completamente circondato dall’acqua e magari con un forte vento. Ma ne valeva la pena: possedevo quel ragazzetto in ogni posizione e ci facevo tutto quello che mi passava per la testa.
Quando suo padre ci scoprì fece un gran putiferio e fummo entrambi schifati da tutti. La gente di Marken era molto conservatrice e ce ne andammo entrambi. Non so che fine abbia fatto lui; suo padre è morto, e pure il mio. Nel faro è tutto automatizzato e non c'è più nessuno. Ma io ho ancora vicino alla Grote Kerk, chiusa ma non abbandonata, la mia casa e ogni tanto vado a passarci qualche giorno.
Il pastore è venuto un giorno con sua moglie per fare conoscenza ed invitarmi a un'assemblea. Gli ho detto che in quanto agnostico razionalista non ero interessato, tuttavia quando sono a Marken, passa sempre da me, dice, per far due chiacchiere con "una persona intelligente".
Un pomeriggio mentre esco dalla doccia sento bussare con insistenza. Apro la porta in accappatoio e coi capelli gocciolanti:
- Sono Pim, il figlio del pastore. Le manda questi... - e mi allunga alcuni fogli che mi basta un'occhiata per capire che è materiale di propaganda riguardante la pericolosa scristianizzazione dell'Olanda. Subito il mio sguardo squadra il giovane e in un attimo il porco che è in me realizza che è molto scopabile, praticamente un Lex moro.
- Vieni dentro, non mi far stare nudo sulla porta di casa... - e chiudo la porta dietro di lui.
- Siediti un attimo che mi prendo un asciugamano.
Vado in bagno e mi allento la cintura dell'accappatoio, torno sfregandomi i capelli colla salvietta e così facendo l'accappatoio si apre mostrando il mio cazzo barzotto.
- Scusa - dico richiudendo con studiata lentezza - posso offrirti qualcosa? Ho dei poffertjes, o preferisci qualcosa da bere?
- Un paio di poffertjes non si rifiutano mai...
Tiro fuori i biscottini e un brick di succo d'arancia:
- Quanti anni hai Pim?
- 20 tra un mese.
- Ti facevo più giovane... e che fai nella vita?
- Teologia a Groningen.
- Dunque seguirai le orme paterne...
- Non credo proprio, ho altri interessi...
Sgranocchiando i biscottini non smette di guardarmi...
- Dove si è fatto quel fisico?
- All'Aktivarium di Amsterdam; sono cintura blu di taekwondo.
Dice - Mmmm - con un tono più voglioso che di apprezzamento e aggiunge: - Devo andare ora... se vuole posso tornare dopo cena, tanto qui di sera non c'è mai niente da fare...
Penso: "ho trovato una troia". Sorrido e dico malizioso: - Certo, mi fa piacere se ci conosciamo meglio...
E' venuto tardi quando non lo aspettavo più e mi stavo abbioccando in boxer davanti alla televisione.
Apro così come sono e subito mi afferra la base del cazzo ed avvicina il viso al mio. Sa di fumo e di birra, avrei preferito non baciarlo ma mi adatto e gli afferro le natiche attirando il bacino verso di me. Sento che è in erezione. Lo spoglio freneticamente buttando i suoi pochi indumenti in qua e in là. Gli mordo un capezzolo e lui guaisce, lo bacio sul collo e lui freme, lo prendo in braccio e mi si attacca di nuovo alla bocca, lo porto sul letto e ce lo butto letteralmente sopra. Si distende e gli prendo il cazzo in bocca. Fortunatamente sa di pulito e gli faccio un bel pompino sollevandogli poi le gambe e mettendomi a leccargli il buco del culo. Lo lavoro mentre lui cerca senza riuscirci di arrivare al mio cazzo.
- Fammelo assaggiare - biascica.
Iniziamo il 69 ma sento che sta per venire. Gli strizzo le palle e lo giro sulla schiena. Di nuovo gli lappo il culo che pulsa come se mi chiamasse dentro. Mi insalivo il pollice e glielo infilo toccandogli la prostata. Mugola. Gli mordo il labbro inferiore. Apprezza molto e mi afferra l'uccello avvicinandoselo al culo.
- Aspetta - dico e mi alzo a prendere il gel e due condom, ne appoggio uno sul guanciale e l'altro me lo infilo, metto sopra un po' di gel, ne spargo un po' sul suo buchetto e lo infilo senza fatica. Poco dopo geme ruotando la testa a destra e sinistra, mi stringe il collo con le caviglie, si irrigidisce e si schizza sul viso poi sul collo e infine sul petto. Lo afferro per i bicipiti. lo attiro di più verso me e lo pistono a grande velocità fermandomi poi in un potente affondo e gustandomi la montata spermatica che senza sollecitazioni è lenta, appagante e catartica. Mi guarda mentre giochicchia coi miei pettorali poi fa scorrere le sue dita lungo la schiena e mi afferra le chiappe tirandosi su a baciarmi.
- Vuoi sciacquarti? - chiedo.
- Dopo, ma stammi dentro finché non si ammoscia. Pisciami dentro se ti va...
Questo non l'avevo mai fatto ed il solo pensiero di poterlo fare me lo fa ridiventar duro. Riprendo a muovermi dentro di lui ed anche il suo uccello riprende consistenza. Inaspettatamente mi chiede se mi faccio scopare.
- Non sono vergine ma preferisco fare l'attivo - rispondo - magari un'altra volta, che ne dici?
- Domattina, cioè stamattina, parto presto... vado due settimane a Londra. Ti ritrovo al mio ritorno?
- Non so, ma prima o poi ci torno qui...
- Ma io poi vado a Groningen... e quest'inverno verrà un altro pastore qui a Marken...
Sento la delusione nel tono di voce e mi spiace; inoltre vedo un bel giovane che mi desidera... "bé, perché no" penso. Esco da lui, mi siedo a bordo letto e gli dico:
- Fatti succhiare, su che poi mi inculi...
In un attimo mi mette il cazzo in bocca e gli diventa durissimo. Prendo il profilattico sul cuscino, glielo infilo, lo cospargo di gel, mi lubrifico il buco e sollevo le gambe dicendo: - Forza...
Avvicina il cazzo allo sfintere, mi appoggia i piedi sulle sue spalle ed è dentro con un colpo secco. Inizia piano ma poi va ad aumentare il ritmo. Ci sa fare... Inizio a godere, gli afferro le chiappe sode e gli tiro il bacino verso me rallentandone il movimento. Si abbassa a baciarmi e stavolta è un bacio passionale anche da parte mia. E' un giovane bello che mi sta scopando divinamente... dopo che io ho scopato lui... cazzo di nuovo questa voglia di relazionarmi stabilmente con un ragazzo più giovane... sì, mi sa che è proprio questo che vado cercando... porca miseria sto avendo un orgasmo anale e sto letteralmente strozzando con lo sfintere l'uccello di Pim che, in breve, mi si scarica dentro.
Si accascia ansimante sul mio petto, sta un poco poi si alza e va in bagno. Si riveste con una certa fretta.
Penso: "bè che gli prende?..."
Sta uscendo quando gli chiedo se vuole il numero di telefono. Dice che non serve; se ci si ritrova sarà perché così dovrà essere. E se ne va lasciandomi un po' perplesso.
Tre giorni dopo inizio il primo di una discreta serie di lavori all'insegna del precariato: comunità di recupero, centri diurni per anziani, centri sportivi, scuole materne, centri estivi per ragazzi... poi una botta di fortuna: risulto vincitore di un concorso come educatore negli staatscolleges.
Dopo una trafila di supplenze al massimo di qualche mese, ora mi hanno dato finalmente un incarico più lungo. E' un kostschool, uno studentato di Amsterdam di ragazzi delle superiori. Saremo in tre operatori che ci alterneremo giorno e notte. Tra l'altro non è neppure lontano dalla palestra che frequento da un po' di tempo e dove a settembre darò l'esame per la cintura rossa di taekwondo.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per Olandesi - 1^parte:
